Oggi parliamo brevemente di 5 “picchi” del pensiero Nietzsciano che si dimostrano ancora oggi un reale motivo di vivo interesse e profonda attualità. Iniziamo dalla prima “vetta” e analisi filosofica raggiunta dal filosofo di Rocken.
1. Lo spirito Dionisiaco e Apollineo..quale tragedia dimenticata?
Nella sua famosa opera “Nascita della tragedia”, il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche descrisse la tragedia greca come la massima espressione artistica, culturale e filosofica della civiltà dell’Ellade, questo perché in essa si fondevano due grandi “anime” e “motori” dell’identità greca: l’apollineo e il dionisiaco.
Il primo incarna tutto ciò che in divenire si rende forma perfetta e viene rappresentato dalle forme dell’architettura classica come della scultura. Come non ricordare i volti perfetti, le linee sublimi di tali realtà in seno alla storia greca? Il secondo “spirito”, quello Dionisiaco, è invece rappresentato dall’aspetto notturno dell’esistere, l’ebbrezza, il caos, l’eccesso libero, l’energia istintuale. Entrambe queste correnti, anime, vitali forze parte anche dell’uomo interiormente ovviamente e in una fusione perfetta tra loro, rappresentano tutta la vita globale dell’essere umano. Questa fusione rappresenta tutta la tragicità della vita, con il bene e il male, il caos, la ragione e tutte le forze identitarie che le due correnti interiori-filosofiche-reali comportano.
Per il filosofo di Rocken, la decadenza intera dell’Occidente prese piede quando lo spirito socratico e pseudo-scientifico (apollineo) prevaricò e si abbatté sullo spirito musicale-gioioso (dionisiaco) in un modo assolutamente distruttivo ed opprimente. Si costituì quindi un miserevole uomo teoretico, asservito al dogma della ragione, della pseudo-razionalità, della logica estrema, di un mondo servo di apparenze (costrutti e categorie scientifiche) nate al solo fine di dare un fittizio paradiso e prigione razionale per il disordine e l’istintualità feroce e naturale della vita. Ma queste apparenze condannarono l’uomo, abbruttendolo in vortici di false certezze, logiche fredde, scientificità tirannica, senza alcuna più leggerezza, nuda istintualità, sfrenata follia, gioia viva, accettazione invece del tutto, del Dionisiaco cuore e spirito. Quindi tutto precipitò nella degenerazione, nella lotta costante dello spirito socratico-apollineo contro i sani istinti e gli slanci puri e curiosi verso la vita.
2. Mentalità storicistica
Dopo questa devastante riflessione partorita da Nietzsche, una delle sue analisi successive che costituiranno lo spartiacque radicale tra una filosofa prima di Nietzsche e una dopo Nietzsche, andiamo a scoprire ciò che espresse all’interno dell’opera “Sull’utilità e il danno della storia per la vita” (parliamo del 1874, riflessione facente parte delle Considerazioni inattuali) quando si riferì alla necessità di distruggere la mentalità storicistica. Da cosa era ed è tuttora costituito tale fenomeno? Parlando della mentalità storicistica, stiamo parlando del rapporto tra gli eventi e gli storici, quest’ultimi riducendo gli accadimenti, i personaggi e il vitalismo positivo o negativo da essi generato a semplici e riduttivi eventi puramente aneddotici, nozionistici, freddamente categorizzabili, piegati ad un’illusoria linea temporale orizzontale indirizzata al raggiungimento costante di un ideale e continuo progresso, non fanno altro che dissanguare il valore d’ogni esperienza umana. L’eccesso di senso storico – il comprimere e sezionare ogni slancio sotto forma di aneddoto e dato – diventa l’immagine più triste della decadenza, gli uomini si perdono nel vivere un continuo passato, totalmente assuefatti ad esso e privi di qualsiasi slancio per costruire una storia completamente nuova, rassegnati al corso degli eventi narratogli con le sue “precise” puntualizzazioni dalla mentalità degenerante storicistica. Si può in questo contesto fare un perfetto parallelismo empatico tra il pensiero di Nietzsche e quello di Schopenhauer circa il ruolo del professore e dello storico che non “accende” di valore la storia o il sapere degli Antichi, ma semplicemente rumina un pasto già ruminato da altri all’infinito, che non ragiona ma riporta solo dati, date, “ragioni”…Si legga a tal proposito “La filosofia nelle Università” di Arthur Schopenhauer e poi “Sull’avvenire delle nostre scuole” di Friedrich Nietzsche. Liberarsi quindi di narrazioni prive di forze riguardo la storia e i suoi protagonisti e soprattutto non esser schiavi del passato, ma costruttori nuovi e indipendenti dell’oggi.
3. Il nichilismo europeo
Eccoci adesso ad analizzare un’altra “vetta” della filosofia Nietzsciana, ovvero la cosciente consapevolezza del sopraggiungere d’un nuovo pathos in seno al pensiero europeo: il nichilismo. Friedrich Nietzsche è assolutamente certo che il nichilismo prenderà forza e dominio assoluto dell’Europa. Il nichilismo giungerà sul trono d’Europa quando gli uomini finalmente liberi dal dogmatismo religioso cristiano saranno consapevoli di dover rivalutare tutti i valori a cui si sono votati per secoli. A quel punto, in una crisi assoluta, inevitabilmente il nichilismo la farà da padrone. Sarà la fine dell’uomo? No, assolutamente. Per Nietzsche infatti vi è un nichilismo passivo che porta solo sfiducia, abbruttimento e rappresenta ancora in modo sottorraneo un valore desertico-cristiano, mentre invece vi è un nichilismo attivo capace di smascherare sì le realtà valoriali decadenti ma anche di annunciare nuovi orizzonti e valori. La morale degli schiavi è quella che dice “no” alla vita, mentre le virtù delle anime nobili sono sempre state quelle legate positivamente al coraggio, alla generosità, alla forza. Quest’ultime virtù salveranno l’uomo da un nichilismo avvilente, generato dalla profonda consapevolezza d’aver vissuto sottomessi a valori degeneranti partoriti ed imposti ai popoli d’Europa dalla religione cristiana.
4. Il Superuomo
Arriviamo adesso alla famosa – quanto fraintesa – figura del Superuomo Nietzsciano. La figura rappresenta un uomo in grado di saper riscoprire i suoi istinti naturali – privi quindi dell’impostura morale cristiana- e libero anche da un nichilismo avvilente e desertico. Una figura dovrà essere dominata da una gioiosa accettazione della sua umanità completa, dovrà avere la capacità di costruirsi un’esistenza piena di vita e di senso, attimo dopo attimo nella consapevolezza di una ciclicità del tempo, (vedi eterno ritorno, ne parleremo nel punto successivo) quindi essendo dominato da una volontà di positiva realizzazione del bello, del sano, del giusto ad ogni istante. Una figura bella, vicina ai sani moti della natura e dello sviluppo in sempre nuove “altezze” artistiche, filosofiche, esistenziali. Una figura che dovrà essere sempre fedele alla Natura, alla Terra, allo spirito Dionisiaco – quest’ultimo da non offuscare mai.
“Il Superuomo è il senso della terra”
Friedrich Wilhelm Nietzsche, Così parlò Zarathustra
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5. Eterno ritorno
L’ultimo punto su cui porre attenzione è sicuramente quello relativo al concetto di volontà di potenza. Negli ultimi suoi scritti e nell’opera che poi rimarrà in parte incompiuta (intitolata probabilmente proprio “La Volontà di potenza”), il filosofo tedesco volle sottolineare un importantissimo aspetto intrinseco sia alla figura del Superuomo che al concetto di eterno ritorno (per eterno ritorno nella filosofia Nietzsciana si intende l’accettazione positiva della vita in ogni suo aspetto e si nega il tempo in forma lineare ma si suggerisce una a-temporalità circolare al fine di far godere intensamente e per l’eternità ogni atto ed esperienza),di cosa stiamo parlando? Naturalmente del concetto di volontà di potenza, ovvero quell’impulso fondamentale che muove la vita e rappresenta in modo assoluto sé stessa, senza maschere o artifizi di sorta, trascendendo ogni sistema dialettico-tecnico. Tale volontà deve diventare parte dell’uomo affinché superi ogni ostacolo, si liberi del peso metafisico-morale delle parole e dei dogmi, riesca a sentire un divenire in “altezza” d’ogni sua volontà priva di interessi, di competizioni, di paragoni, completamente imperturbabile, volta con determinazione a rappresentare una sacra innata forza che lo spinge unicamente a vivere, a vivere fortemente. Concetto ampio e vasto che il filosofo tedesco, per quanto circa la volontà in generale ebbe a parlarne in molteplici suoi scritti, mancò di completare in maniera esaustiva, tuttavia si può sicuramente comprendere che per tale volontà di potenza auspicasse un vivere libertario mosso nella direzione d’un evoluzione interiore profonda parte d’una consapevolezza circa l’importanza di ogni attimo della vita, di ogni pulsione, di ogni orizzonte a cui l’uomo dovrebbe auspicare.
Conclusione
Comprendere Friedrich Nietzsche non è sempre cosa semplice, ma la sua lettura non è mai priva di interessi e valori. Quindi cosa aggiungere oltre? Buona lettura e scoperta di uno dei più grandi filosofi della storia.
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Andrea Larsen