Siamo stati l’ultima generazione libera della Storia.
Sto parlando di quella generazione vissuta prima dell’avvento definitivo della tecnologia avanzata (smartphone, rete internet, piattaforme digitali, social media, ecc…), più o meno dal 1988 ai primi anni 2000.
Sto parlando della tragedia che ha portato la Tecnica, ovvero una radicale trasformazione umana i cui risultati drammatici sono limpidi sotto i nostri occhi, sono dentro i volti dei nostri figli perduti, sono nelle vecchie foto che guardiamo e ci ricordano cosa abbiamo vissuto..
Il progresso ci ha condannato ad una serie di paradisi artificiali mortali.
Pensiamo alle “cose minime” (che minime poi non sono mai..) per un attimo:
Pensiamo al guardare un film al cinema, una sera d’estate, con una ragazza, perdendoci tra lo schermo e i suoi occhi…non esiste più. Solo Netflix, tv, divano e schermo, link condivisi, film scaricati.
Pensiamo al telefonare ad un amico, andarlo a trovare in bicicletta, fargli una sorpresa, andare a fare una passeggiata con lui. Tutto finito. Solo chat. Un infinito elenco di chat, di botta e risposta, di dimenticanza. Nessuno sguardo, abbraccio, voce che dentro al telefono ci giunge alla mente e al cuore. Niente più. Solo emoticon, spunte di visualizzazione, foto statiche. Tutto perso nell’eco degli algoritmi che intanto ci registrano, vendono, etichettano a nostra insaputa, a loro volontà tirannica.
Leggere notizie e informarsi con giornali e libri? Internet. Dove “informarsi” è più una barzelletta e dove le notizie sono funzionali al creare uno stato di stupidità, degrado e ignoranza militante.
Scrivere una lettera, un libro, tenere un diario? Computer. App. Scrivere a che serve? Vuoi disegnare? Tablet, tutto computer-grafica. IA che realizza “opere d’arte” in due click, altroché tempera, colori, sole e tele.
Godersi l’aristocratico ozio degli Antichi, seduti sotto un albero, su un muretto, addentando un panino al salame, perdersi camminando senza meta da qualche parte? Computer, PlayStation, cellulare (che poi non è ozio…). Oppure visori a realtà aumentata e business online inseguendo il denaro, vendendo corpo, anima e tempo per cercare plauso, soldi, occhi della massa.
Vogliamo pensare alle cose “grandi”?
Una politica inesistente in relazione alla Tecnica, anzi suddita nei confronti di quest’ultima ad ogni sua nuova novità e volontà.
Una visione del mondo puramente progressista-economicista che divora e dissolve le antiche culture e il tempo lento delle cose, delle relazioni umane, del conoscersi.
Una disgregazione sociale immensa per cui, dopo il dualismo (di origine cristiana, i buoni e i cattivi, i santi e i condannati all’inferno) politico ed economico, si è completamente trasferito ogni sogno nell’apparenza e nella visibilità (social e dipendenze dalla Rete).
Si pensi per un attimo alla politica fatta di uomini che hanno dato la vita per ciò in cui credevano. Pensiamo alla visione del mondo antica, territoriale, di quartiere, fatta di volti e di nomi. Pensiamo alla compattezza sociale di chi in ricchezza o povertà riconosceva l’effimero viaggio esistenziale come motivo di celebrazione d’ogni istante, che fosse un pranzo sotto un grande albero in un aia di una fattoria o un rimirare un tramonto su un elegante terrazzo sulla costa (si legga al tal proposito J.W.Goethe o i poeti Crepuscolari, per dirne due..per comprendere tale comunanza e pathos in merito all’esistere che vi era una volta).
Perché questo breve articolo? Per essere fieramente contenti di essere “vecchi“, non “moderni” (considerava i moderni dei “malati” F.Nietzsche..), oggi più che in ogni altra fase della Storia. Ancora fermi nella volontà di celebrare il valore del passato, nella necessità di ridargli vita incarnando valori e coscienze di esso. Ancora saldi nel proseguire per la nostra strada, dove l’amico si abbraccia, la conoscenza è nei libri e non dentro ai link, dove l’infanzia e la vita tutta è sana quanto più si tiene lontani cellullari e reti, la nostra strada dove forse, in un non lontano mondo, saremo destinati ad essere impagliati o raffigurati nei musei come dei cavernicoli, degli arretrati, delle simil scimmie che non sapevano cos’era veramente il “futuro”, il “progresso” , i chip innestati dappertutto..ma in verità, quei bruti, non erano forse gli ultimi uomini liberi e felici della Terra? Un ottima descrizione questa per la targhetta da mettere sotto la teca: “Gli ultimi uomini liberi e felici della Terra”. Ai posteri la serena certezza di questo.
Andrea Larsen